- “Andiamo in Perùferia” è un viaggio per chi cerca il coraggio di avviare o continuare l’itinerario più importante della vita: quello che si dirige verso la verità del proprio cuore.
- è una proposta di ritorno alle sorgenti del Vangelo, “perché la proposta cristiana non invecchia mai. Gesù Cristo può rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina. Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo, spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale (Papa Francesco, EG 11)
- è una proposta offerta a tutti, anche ai non credenti, a chi si sente “lontano” o non si sente a casa nella chiesa, a chi non si sente sicuro di credere o a chi non se la sente ancora di abbracciare una fede; nell’amore e nel servizio ad una umanità dimenticata ci ritroviamo uniti e capaci di fraternizzare, al di là dei diversi cammini da cui si proviene.
- è un percorso spirituale antico e sempre nuovo nel quale i viaggiatori, discendendo in una grande periferia esistenziale a sud di Lima (Perù), vengono a contatto con una umanità spogliata ed emarginata per una esperienza di servizio, a partire da un altro contatto: quello con la parola del Vangelo.
- è l’esperienza di un multiforme banchetto di gioia con uomini e donne, anziani, adulti, giovani e bambini che non possono ricambiare il dono che ricevono dalla presenza dei viaggiatori tra loro (Lc 14,13-14)
- è un cantiere aperto di evangelizzazione e promozione umana nel quale i viaggiatori sognano insieme di costruire qualcosa che restituisca dignità alla vita di chi risiede in quella periferia.
- è la possibilità di una riflessione vocazionale sulla propria vita, soprattutto (ma non solo) per i giovani viaggiatori, poiché “il discernimento è sempre dinamico, come la vita. Le cose statiche non vanno. Soprattutto con i giovani. Quando io ero giovane, la moda era fare riunioni. Oggi le cose statiche come le riunioni non vanno bene. Si deve lavorare con i giovani facendo cose, lavorando, con le missioni, con il lavoro sociale, con l’andare ogni settimana a dar da mangiare ai senzatetto. I giovani trovano il Signore nell’azione. Poi, dopo l’azione, si deve fare una riflessione. Ma la riflessione da sola non aiuta: sono idee, solo idee. Dunque due parole: ascolto e movimento. Questo è importante. Ma non solamente formare i giovani all’ascolto, bensì innanzitutto ascoltare loro, i giovani stessi. Questo è un primo compito importantissimo della Chiesa: l’ascolto dei giovani”. (Papa Francesco, Conversazione con i Superiori generali di Ordini e Congregazioni religiose, Aula Paolo VI, 25.11.2016)